Il consenso

Spesso sentiamo dire che il consenso è “Quando è no, è no”. Ma, in realtà, è molto più complesso di così. Ascoltare un “no” è soltanto il livello base del consenso e forse una formula più corretta che potremmo utilizzare è “Se non è sì, allora è no” o ancora meglio “Se non c’è entusiasmo nel sì, è un no”. E ciò non tiene comunque conto dei possibili condizionamenti del consenso, che possono spingere una persona a dire “sì” anche se non ne ha davvero voglia.

Se non l‘hai ancora visto, ti consigliamo di guardare questo video che spiega il consenso parlando di una tazza di tè. Semplice e divertente, è un buon inizio:

Le regole del consenso

Per essere valido, il consenso deve essere:

  • Preventivo: il consenso va domandato prima di agire, ma questo non esclude che si possano fare dei check durante e dopo il momento condiviso.
  • Autentico ed entusiasta: la persona deve dare il proprio consenso in modo chiaro. Per esempio, un “Se vuoi”, un “Perché no” o un’assenza di risposta, non sono un “Sì” ma un “No”.
  • Libero: ci sono molti condizionamenti che possono portare una persona a dire “Sì” a una pratica quando in realtà non ne ha voglia: la pressione del gruppo, le norme sociali, l’abitudine, la paura di passare per unə puritanə o unə guastafeste, la paura di deludere o di fare del male, un rapporto di autorità, un condizionamento dovuto a un’influenza forte, ecc. E, ovviamente, il consenso dato sotto costrizione fisica o psicologica non è valido.
  • Lucido: una persona che ha consumato alcol o altre sostanze psicoattive potrebbe non essere più in grado di dare il proprio consenso. Questo è ovviamente ancora più vero se la persona è addormentata o incosciente, o se è minorenne.
  • Informato: il consenso non può essere tale se una delle due persone mente o nasconde deliberatamente alcune delle proprie intenzioni.
  • Specifico: acconsentire a qualcosa non significa acconsentire a tutto. Ad esempio, si può avere voglia di baciare qualcuno ma non di andare oltre. Oltretutto, il consenso è valido solo nel momento in cui viene dato. Il fatto che qualcuno dica “Sì” oggi non significa che lo farà anche domani.
  • Revocabile: una persona può cambiare idea in qualsiasi momento. Non importa quanti “Sì” siano stati detti prima, tutto si ferma al primo “No”.

Spesso si sente dire che assicurarsi costantemente del consenso dell’altra persona rende le interazioni noiose e poco spontanee. Ma questo è vero solo perché tuttə noi, senza eccezioni, siamo statə educatə poco o nulla al consenso e abbiamo integrato come normali comportamenti e riflessi che non dovrebbero esserlo. Come ogni apprendimento e decostruzione, ci vuole tempo e pratica per integrare il consenso in modo fluido. Inoltre, è meglio prendere precauzioni, anche se richiedono tempo, piuttosto che rischiare di fare involontariamente a meno del consenso dell’altra persona. Il consenso non è mai troppo!

Se non sei sicurə, chiedi!

Il consenso può essere espresso con mezzi diversi dalle parole, ma un gesto, uno sguardo o un’espressione sono più facili da fraintendere. Il modo migliore resta quello di comunicarlo verbalmente. Anche se fin dall’infanzia siamo statə cullatə da storie romantiche che ci fanno credere che sia tutta una questione di sottintesi, non c’è niente di più sexy di una persona che lo chiede chiaramente prima di baciare. Inoltre, fare capire all’altra persona che tutto può essere detto e che tutto sarà ascoltato, aiuta a sviluppare relazioni più sane e equilibrate.

Si parla spesso di consenso sessuale, perché la sua assenza può causare traumi gravi, ma il consenso si applica a tutte le interazioni con gli altri (e con se stessɜ).

Il consenso in un contesto di festa

L’elenco non è esaustivo, ma ecco alcuni esempi che si possono trovare in una serata o a una festa:

  • Assicurarsi che la persona con cui si sta parlando o ballando ne abbia veramente voglia, e soprattutto non bloccarle la possibilità di andarsene, anche se in modo involontario
  • Non forzare o incoraggiare una persona a prendere delle sostanze psicoattive (alcool o altre sostanze)
  • Attenzione al pogo: assicurarsi che tutte le persone ne abbiano voglia e con lo stesso livello di intensità
  • Non posare la mano sulla spalla o su altre parti del corpo di una persona senza averle espressamente domandato il consenso. Le persone tattili tendono a fare questo gesto senza rifletterci, meccanicamente. Da alcune persone questo può esser vissuto male, in modo opprimente, anche se non c’è un secondo fine. Quando ci si muove in una folla e/o si ha bisogno di toccare le persone per proteggersi, evitare collisioni o passare, meglio posare la mano con leggerezza all’altezza delle spalle piuttosto che all’altezza della vita, senza afferrare.

Verso una cultura del consenso

Imparare a esprimere il proprio consenso

Prima di essere data alle persone che non rispettano il consenso, la carta “Ho detto no” può essere data a se stessɜ, per ricordare che il consenso inizia da sé. Molte persone non hanno imparato a porre dei limiti, e a volte nemmeno a riconoscerli come tali. Oltre ai limiti (“cosa non voglio”), c’è anche la questione dei desideri (“cosa voglio”) che a volte può essere complessa, soprattutto per i generi altri dall’uomo cis-etero che sono stati educati a essere reattivi ai desideri degli uomini.

Esprimere i nostri limiti è un regalo che facciamo a noi stessɜ, non imponendoci qualcosa che non vogliamo. È anche un regalo che facciamo allɜ altrɜ perché, a parte in caso di comportamenti predatori, nessuno vuole interagire con un’altra persona senza il suo consenso. Dire che non si vuole qualcosa è un doppio regalo, a se stessɜ e all’altra persona. Perché privarsene? Lo stesso ragionamento può essere applicato all’espressione dei propri desideri e delle proprie volontà.

E proprio perché un “No” è un dono, dovremmo sempre ringraziare chi pone dei limiti, soprattutto perché non è sempre facile da fare e richiede coraggio ed energia.

Creare un contesto favorevole al consenso

È possibile esprimere i propri limiti, desideri e volontà solo se il contesto lo consente. Come abbiamo visto in precedenza, molti condizionamenti e pregiudizi possono influenzare il consenso. Ad esempio, chiedere a una persona di prendere immediatamente una decisione può indurla a fare una scelta che altrimenti non avrebbe fatto. Inoltre, molte persone, in particolare le persone di genere altro dall’uomo cis, hanno avuto esperienze negative o addirittura traumatiche quando hanno fissato i propri limiti. Questo può accadere quando i limiti della persona non sono palesemente stati rispettati (“forcing”). Ma a volte può anche trattarsi di un cambiamento di atteggiamento, come qualcunə che perde interesse quando viene a sapere che l’altra persona non vuole avere un rapporto (la famosa “friendzone”, opposta alla “fuckzone”) o non vuole fare questa o quella pratica. Oppure, quando qualcuno sviluppa del risentimento semplicemente perché è più facile che ammettere di aver fatto una cazzata.

Quando si chiede il consenso ad un’altra persona, è importante creare un contesto rassicurante, che indichi che tutte le risposte sono accettabili e saranno accettate, e che una risposta negativa non porterà ad un cambiamento di atteggiamento. Tra l’altro, la prima domanda può essere quella di chiedere se la persona ha delle difficoltà a dire “No” e adattare il proprio comportamento di conseguenza.

Solo dopo aver stabilito questo contesto possiamo lasciare la responsabilità del consenso all’altra persona, senza infantilizzarla o prendere decisioni al posto suo. Ognunə è responsabile del proprio consenso, ma ognunə è anche responsabile della creazione di un contesto in cui il consenso dell’altrə può essere espresso.

Un “Sì” ha valore solo se il “No” è possibile. Sapere che si può dire “No” in qualsiasi momento e che sarà ascoltato e rispettato, a volte, fa venire voglia di dire “Sì”.

Un ultimo consiglio

È più facile rispondere “Sì” che “No”. Quando si percepisce che lə propriə partner non è in sintonia con un’attività (sessuale o meno), si può chiedere “Vuoi che ci fermiamo?” piuttosto che “Vuoi continuare?”. Se la persona non ha voglia di continuare, è più facile esprimerlo con la prima formulazione, poiché la domanda implica che interrompere l’attività è un’opzione davvero possibile.

Il mito di Medusa

Ci viene chiesto spesso perché abbiamo scelto Medusa come figura della carta “Ho detto no”. Nata come un mito misogino in cui Medusa è rappresentata alternativamente come vittima impotente o come mostro malvagio, Medusa è diventata gradualmente un’icona femminista che ribalta i canoni e i cliché narrativi sessisti. In un contesto in cui la società e gli uomini la oggettivizzano continuamente, Medusa afferma il suo ruolo di soggetto attivo, con dei desideri e un agentività propria. Dal “male gaze”, si passa al “female gaze”. E quando si tratta di persone che la oggettivizzano attraverso il modo in cui la guardano, lei le trasforma in statue di pietra, cioè letteralmente… in oggetti!