Il sessismo è l’insieme dei comportamenti individuali o collettivi che legittimano e mantengono il dominio degli uomini sulle donne. Si manifesta attraverso discorsi o comportamenti: da quelli in apparenza inoffensivi – chiamato sessismo ordinario – a quelli più gravi come lo stupro e il femminicidio.
Gli stereotipi di genere
Il sessismo si basa su stereotipi che perpetuano ruoli e atteggiamenti legati al genere differenti per l’uomo e la donna. Questi stereotipi sono profondamente radicati nella nostra educazione e sono presenti a tutti i livelli della società, sia nella sfera pubblica, che nel lavoro, nelle attività del tempo libero, nella vita politica, nelle istituzioni, nei media, ecc.
Questi stereotipi, sebbene infondati e autoavveranti, continuano ad essere radicati nelle nostre menti. Chi non ha mai sentito dire che le donne guidano male? Eppure, i dati mostrano che causano molti meno incidenti nonostante guidino altrettanto. “Le donne chiacchierano troppo”? Anche in questo caso, dagli studi emerge che parlano tanto quanto, se non meno, degli uomini nella sfera privata e molto meno nella sfera pubblica. Il sessismo è sistemico
Il sessismo non consiste in atti isolati, individuali o devianti, ma in comportamenti ripetuti e strutturali, profondamente radicati nell’organizzazione della società.
Secondo un rapporto di un collettivo francese contro le violenze familiari, il sessismo “emerge da diverse strutture sociali che sono interconnesse e si alimentano a vicenda. Affonda le radici in cause storiche, economiche, politiche e sociali. È generalizzato e persistente, profondamente radicato nei comportamenti e nell’organizzazione sociale. Di solito non è contestato e agisce indirettamente. È invisibilizzato. È poco riconosciuto ma è mantenuto dalle strutture sociali e istituzionali. Si sviluppa e si mantiene sulla base di leggi, politiche, pratiche, stereotipi o usanze prevalenti, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli strutturali della società, sia nel settore pubblico che in quello privato”.
È solo una battuta!
#nonsipuòpiùdireniente #sistavameglioprima #eccochefrigna
Esiste una consequenzialità tra i commenti e i comportamenti apparentemente innocui e le violenze più gravi. Raccontare o ridere di una barzelletta sessista può non sembrare molto grave in sé, ma parte della sua violenza risiede nella sua natura ripetuta e diffusa. Una barzelletta sessista non è solo una barzelletta, ma si aggiunge a tutte le altre che l’hanno preceduta. Oltre alla sua violenza intrinseca, essa legittima e perpetua un’ideologia che ha gravi conseguenze per tutte le donne e le persone appartenenti a generi altri dall’uomo cis-etero.
Ad esempio, le battute sulle bionde perpetuano nell’immaginario collettivo l’idea che le donne siano meno intelligenti e più superficiali degli uomini. Questo porta a differenze di trattamento nella vita personale e professionale e a problemi di autostima, fin dalla più tenera età.
È importante tenerne conto quando qualcunə ci fa notare che certi gesti, parole o comportamenti sono sessisti (o anche solo oppressivi, perché questo può valere per qualsiasi altra oppressione sistemica).
Il pericolo del sessismo benevolo
Quando pensiamo al sessismo, pensiamo innanzitutto alla sua forma ostile, intrisa di misoginia, che esprime disprezzo e ostilità verso le donne e gli altri generi, molto ben rappresentata dal movimento “incel”. Il sessismo ostile è in genere direttamente riconoscibile come tale.
Ma esiste una forma più insidiosa, il sessismo benevolo, in cui le donne sono viste come esseri fragili che gli uomini hanno il dovere di proteggere. Le fiabe per bambini sono piene di storie in cui un cavaliere o un principe affascinante viene in soccorso di una donzella in difficoltà. Purtroppo questa immagine non scompare con l’età adulta e una delle sue espressioni più tradizionali è la cavalleria.
Anche se può far parte di strategie di dominio, il sessismo benevolo è generalmente ben intenzionato, motivo per cui è spesso difficile per la persona che lo subisce denunciarlo, con il rischio di essere considerata difficile o addirittura aggressiva. Anche se le donne beneficiano effettivamente di favori, questi costano relativamente poco agli uomini (come tenere la porta o pagare il conto) e le mantengono in una posizione di inferiorità (se devi aiutarle, è perché non sono capaci) e di dipendenza (non puoi imparare quando qualcun altro lo fa per te).
L’intersezionalità e la discriminazione multipla
Sviluppato da Kimberlé Crenshaw nel 1989, il concetto di intersezionalità è stato inizialmente concepito per mostrare la doppia discriminazione di genere e di razza di cui lei stessa soffriva: la misogynoir o misoginia nei confronti delle donne nere. Il concetto è stato poi esteso per analizzare le diverse oppressioni che un individuo può subire come risultato della sua identità plurale, nonché le relazioni che possono esistere tra di esse. Se una stessa persona può subire diversi tipi di oppressione, questi non si sommano semplicemente: si combinano e si rafforzano a vicenda per creare nuovi e specifici meccanismi oppressivi. Ad esempio, una donna povera e una donna della classe media non vivono il sessismo allo stesso modo, anche se entrambe vivono in un sistema patriarcale.
Come spiega Rokhaya Diallo in questa intervista (in francese): “L’intersezionalità ci permette di descrivere il fatto che non tutte le donne vivono nelle stesse condizioni. Una donna di origine asiatica sperimenta il sessismo e il razzismo. In questo senso, si trova all’intersezione di diversi tipi di esclusione. La sua condizione è unica e deve essere descritta e decifrata come tale. Dobbiamo capire che ci sono donne musulmane, donne povere, donne queer, donne trans e donne con disabilità che hanno bisogno di strumenti per analizzare le loro condizioni specifiche. Se non guardiamo alle particolarità di queste donne, che subiscono diversi tipi di dominazione, allora pensiamo solo alla maggioranza delle donne che sono dominanti dal punto di vista economico e intellettuale.”
Puoi trovare più informazioni su questo concetto online, come ad esempio in questo articolo.
La fine del sessismo?
Molto è cambiato negli ultimi anni, soprattutto grazie alle lotte femministe e intersezionali. Le violenze sessiste e sessuali sono sempre più visibili e denunciate, e, almeno legalmente, le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Questo porta alcune persone a dire che stiamo assistendo alla fine del sessismo e del sistema patriarcale in generale. Ma ciò non tiene conto del “contrattacco”, teorizzato negli anni ’90 da Susan Faludi, conosciuto in inglese col termine “backlash”. Ogni progresso femminista è seguito da un movimento conservatore e reazionario che fa regredire i diritti delle donne. E questo può avere gravi conseguenze, come l’annullamento da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 2022 della sentenza Roe vs Wade, che aveva riconosciuto il diritto all’aborto negli Stati Uniti dal 1973.
Questo fenomeno è oggi all’opera anche in Francia. Secondo un recente rapporto dell’Haut Conseil à l’Egalité entre les femmes et les hommes, tra gli uomini di età compresa tra i 25 e i 34 anni si è verificato un ritorno ai valori tradizionali. Ad esempio, il 34% (+7 punti) degli uomini ritiene normale che le donne smettano di lavorare per occuparsi dei figli, mentre il 37% (+3 punti) ritiene che il femminismo minacci la loro posizione. Più che le cifre elevate, è l’aumento di queste percentuali a preoccupare. Purtroppo, il sessismo è tutt’altro che un ricordo del passato.
A questi link trovi alcuni dati sull’Italia, non incoraggianti:
- Per un italiano su 5 le donne dovrebbero restare a casa e prendersi cura degli figli
- Violenza sulle donne e stereotipi, cosa pensano gli adolescenti
Qui il sondaggio completo: Stereotipi di genere: un’analisi delle opinioni e dei comportamenti dei giovani italiani
Sessismo contro gli uomini: perché non esiste
Il femminismo è diventato un argomento ricorrente nei media, soprattutto dopo il movimento #Metoo. Niente di più naturale, se si considera quanta strada c’è ancora da fare e che il tema riguarda il 50% della popolazione. Ma di fronte ai progressi – seppur relativi – compiuti su alcuni diritti, alcune persone sono pronte a tirare fuori l’argomento del cosiddetto “sessismo al contrario”.
Gli uomini possono essere discriminati quando non si conformano ai ruoli sociali previsti per il loro genere. Tuttavia, questa discriminazione non si basa sul presupposto che gli uomini siano considerati inferiori alle donne, ma sempre su quello che le donne siano considerate inferiori agli uomini, con le quali vengono poi associati. In un sistema patriarcale, non c’è niente di peggio per un uomo che essere associato a una donna. Si tratta di una discriminazione individuale, non di un’ideologia sistemica. Al contrario, un uomo che si conforma a questi stereotipi di genere, a livello sociale potrà soltanto guadagnarci.
Molte ingiunzioni fatte agli uomini possono essere fonte di sofferenza: sii forte, non piangere, non mostrare le tue debolezze, ecc. Ma non facciamo confusione: queste ingiunzioni sono parte integrante del sistema patriarcale contro cui i movimenti femministi si battono. Ed è obbedendo a queste ingiunzioni che un uomo diventa un oppressore.
Il dominio maschile è profondamente radicato nella nostra società e le rappresentazioni sessiste sono la norma. Se non lavoriamo alla loro decostruzione (la famosa pillola rossa di Matrix), non le notiamo nemmeno più. Allo stesso tempo, percepiamo immediatamente qualcosa che è al di fuori delle norme di genere. Come nel caso degli studi citati in precedenza, che dimostrano che riteniamo che le donne siano chiacchierone solo perché siamo abituatɜ al loro silenzio. Ecco perché alcunɜ gridano al “pericolo woke”, quando tutti gli studi dimostrano che gli stereotipi di genere sono ancora profondamente radicati nelle nostre società, anche oggigiorno. Una maggiore uguaglianza e rappresentazione nei media non significa che abbiamo chiuso con il patriarcato, e sicuramente non significa che stiamo entrando in un sistema matriarcale.